
Zootecnia
Allarme rosso: dai pascoli ai frigoriferi dell’università: l’ultima chance per le razze bovine siciliane
Un patrimonio zootecnico che vale secoli di storia rischia di scomparire per sempre. In Sicilia, dove pascolano circa 500mila capi bovini, le razze autoctone cedono terreno all’avanzata inarrestabile della standardizzazione produttiva. A lanciare il grido d’allarme è Santo Caracappa, Scientific Adviser dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia.

Santo Caracappa
Il paradosso dell’eccellenza
L’isola vanta un primato nazionale nelle razze da carne: Cherlaise e Limousine dominano gli allevamenti siciliani, confermando la regione come leader per la presenza di animali in purezza. Nel comparto lattiero-caseario, la Frisona Italiana e la Pezzata Rossa caratterizzano soprattutto il Sud-Est dell’isola. Eppure, proprio mentre questi numeri certificano l’eccellenza zootecnica siciliana, nelle aree interne si consuma un dramma silenzioso.
Qui resiste ancora l’antico modello della linea vacca-vitello: animali munt per soli tre-quattro mesi all’anno, il cui latte si trasforma in provole, caciocavallo palermitano e Ragusano Dop. I vitelli, dopo lo svezzamento, vengono ingrassati secondo ritmi che rispettano il ciclo naturale e il paesaggio. È un sistema millenario, ma oggi sotto assedio.
Tre tesori a rischio estinzione
“Gli animali autoctoni sono stati, e oggi sono sempre più, soppiantati da razze maggiormente produttive”, denuncia Caracappa. Il rischio concreto è perdere per sempre tre perle della zootecnia isolana: la razza bovina Modicana, la Cinisara e la popolazione identificata come Vacca rossa Siciliana. Tutte riconosciute ufficialmente negli anni Novanta dopo una selezione naturale durata secoli.
Non si tratta solo di valore storico-culturale. Questi animali rappresentano vere e proprie sentinelle ambientali: rustici, frugali, capaci di arrampicarsi su terreni impervi e di resistere tanto al caldo torrido estivo quanto al freddo pungente della dorsale tirrenica. Caratteristiche che le razze “produttive” non possiedono.
La sfida della crioconservazione

Bovini razza modicana (foto Terrà)
Per arginare questa emorragia genetica, l’Istituto Sperimentale Zootecnico ha messo in campo le più avanzate tecnologie scientifiche. Presso l’Ospedale Veterinario Universitario Didattico dell’Università di Messina è operativa una banca del seme regionale dove il materiale genetico viene conservato in azoto liquido a -196°C.
“Raccogliamo e conserviamo anche ovuli fecondati – spiega l’esperto -. Questo materiale sarà disponibile per gli allevatori che ne faranno richiesta. In futuro puntiamo sul seme sessato per ottenere più vitelli femmina”. Una corsa contro il tempo che vede protagonista anche la crioconservazione degli ovociti, tecnica dalle “grandi potenzialità” ma che presenta ancora “limiti legati alla bassa efficienza della maturazione in vitro”.
Territorio abbandonato, emergenze ambientali
La posta in gioco va oltre la genetica. La scomparsa delle razze autoctone significherebbe l’abbandono definitivo dei terreni marginali, dove per secoli animali e allevatori hanno fatto da presidio. “Il depauperamento dei capi comporterebbe il degrado di queste aree”, avverte Caracappa, elencando i rischi: smottamenti, frane, incendi e l’invasione di specie dannose come cinghiali, volpi, cani randagi e daini.

Bovini, razza Limousine
La politica faccia la sua parte
Mentre la scienza combatte contro il tempo, l’esperto lancia un appello alle istituzioni e alle comunità locali. Salvare una razza significa proteggere un modo di vivere, un paesaggio, una cultura. In gioco c’è una visione più armoniosa e sostenibile del rapporto tra uomo, animale e ambiente.
Il tempo stringe. E la Sicilia non può permettersi di perdere questo tesoro genetico costruito nei secoli. La sfida è aperta: trasformare l’allarme in azione concreta, prima che sia troppo tardi.
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