Terrà

Parla l'enotecnico
Tra le sfide, affrontare il cambiamento climatico: le nuove tecniche di vinificazione di Salvatore De Vita

di Giacomo Alberto Manzo*

Sin da giovane ha vissuto l’esperienza “gioiosa” della vendemmia, cosa che l’ha spinto a diventare un enotecnico. E così è andata. Per Salvatore De Vita, la sfida principale che deve affrontare nel suo lavoro è intercettare le tendenze di mercato in continua evoluzione e l’adattamento al cambiamento climatico con nuovi metodi e tecniche di lavorazione.

De Vita, qual è il suo background e come è diventato enotecnico?

“Sono orgogliosamente figlio di agricoltore, nato a Petrosino, in provincia di Trapani, uno dei comuni più vitati della Sicilia. Da bambino nel mese di settembre la vendemmia era un evento straordinario e gioioso, dove le famiglie si organizzavano per raccogliere i frutti dopo un anno di stenti, di duro lavoro, ma ricco di speranza e di buoni propositi. Vedere l’uva, diventare vino era un fenomeno straordinario. E così decisi di dare una risposta, studiando e conseguendo il titolo di enotecnico. Diplomato presso l’Istituto tecnico Agrario “Abele Damiani” di Marsala, iniziai sin da subito come collaboratore tecnico della Cantina Petrosino. Dove oggi ne sono il direttore tecnico. Da circa venti anni, inoltre, sono consulente per diverse aziende vinicole siciliane. E da un anno, anche per una cantina calabrese”.

Quali sono le sue principali responsabilità nel processo di produzione del vino?

“La mia responsabilità ricade su tutte le fasi di produzione: dalla trasformazione delle uve, al vino finito e al conseguenziale imbottigliamento. Naturalmente, in ciascuna di queste fasi, l’obiettivo rimane lo stesso: ottenere il massimo delle potenzialità qualitative delle cultivar, cercando di esaltare la qualità, la tipicità, l’autenticità, non tralasciando la storia del territorio. Tutto ciò per dare al consumatore un vino moderno, ma che preservi l’autenticità delle varietà e del territorio”.

Salvatore De Vita

Come sceglie le uve per la vinificazione?

“Le uve vengono scelte in funzione della maturità fenolica, cioè il momento in cui è maggiore la concentrazione di polifenoli e antociani, contenuti all’interno della buccia e dei semi. Per le uve bianche è in funzione della maturazione tecnologica di ogni singola cultivar ed è determinata attraverso l’individuazione di 4 valori ottimali: zuccheri, acidità, pH e azoto prontamente assimilabile (Apa). In particolare, l’Apa consente di gestire correttamente la fermentazione alcolica. La carenza di azoto può, infatti, causare un rallentamento o addirittura l’interruzione della fermentazione, che compromette gravemente la qualità e le caratteristiche organolettiche del vino. Inoltre, bisogna tenere in considerazione anche gli obiettivi che l’azienda si prefigge in considerazione delle richieste dei consumatori”.

Quali sono le sfide che incontra nel suo lavoro?

“Le sfide sono tante. Sicuramente tra le sfide più comuni, c’è quella di intercettare le tendenze di mercato sempre in continua evoluzione. Ma la sfida più grande è quella del cambiamento climatico per cui dobbiamo adottare nuovi metodi e nuove tecniche di lavorazione al fine di garantire il principio enologico dell’esaltazione delle varietà e del territorio”.

Quali sono le tendenze nel mondo del vino?

“Le nuove tendenze ci portano versi vini più freschi e fruttati per i bianchi, anche se ben strutturati. Uno sguardo più selettivo è dato ai vini rossi autoctoni, che devono essere intensi al naso, ricchi di colore, con tannini morbidi, ma non aggressivi. Ovviamente tutto è in funzione delle condizioni pedo-climatiche”.

Quale rapporto bisogna dare tra tradizione e innovazione nella produzione del vino?

“Il vino è un prodotto che si innova costantemente al fine di incontrare i gusti delle nuove generazioni, ma ciò non significa che dobbiamo sacrificare la tradizione. Ritengo che in un vino vadano esaltate le caratteristiche organolettiche proprie, che derivano dalla cultivar, dal territorio, dalla tecnica di vinificazione e ai metodi innovativi. Ma con una maggiore attenzione alla naturalità dei vini, ovvero maggiore rispetto al rapporto qualità uve- qualità vino, rispetto al passato”.

Come valuta la qualità di un vino?

“La valutazione dei vini è abbastanza rigorosa. Principalmente mi fido al mio grado emozionale che i vini riescono a generarmi, senza però lasciarmi condizionare dalla regione di provenienza o dal prezzo”.

Quali consigli darebbe a chi vuole diventare enotecnico?

“E’ di lavorare con tanta passione, senza la rincorsa a compensi economici significativi. Solo in questo modo si possono ottenere i risultati. Questo, almeno, è quello che insegno a mio figlio Girolamo che ha scelto di intraprendere il mio stesso percorso”.

Qual è stata la sua esperienza più memorabile nel mondo del vino?

“In 30 anni di attività lavorativa ho avuto diverse esperienze, che mi hanno lasciato un segno importante e che hanno consolidato in me l’idea che stavo svolgendo bene il mio lavoro e di accettare le sfide tecniche. E per fortuna, tanti sono stati i riconoscimenti ottenuti. Ma penso che l’esperienza più bella sarà quella di domani”.

*Enologo

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