Terrà

Il progetto S.I.F.I.VITE
Meno fitofarmaci e raggi UV-C, ecco come la geotermia sta ridisegnando la produzione del vino

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di Dario Cataldo

C’è una Sicilia che non si accontenta di fare buon vino. Una Sicilia che sperimenta, studia, innova. Che vuole produrre meglio, consumando meno. Che guarda alla sostenibilità non come a un’etichetta da apporre in etichetta, ma come a una pratica quotidiana, concreta, rigorosa. È qui che nasce S.I.F.I.VITE, un progetto che ha portato nel vigneto e in cantina un’ondata di innovazione scientifica e ambientale destinata a cambiare il volto della vitivinicoltura siciliana.

Il progetto S.I.F.I.VITE: un modello di innovazione e sostenibilità

Finanziato dal PSR Sicilia – Misura 16.1, attraverso risorse FEASR, statali e regionali, S.I.F.I.VITE è promosso da un’Associazione Temporanea di Scopo composta da sei aziende agricole – Feudo Artù, Donna Contessa, Vivano, Pugliesi, Per le Uve e AGER – con il referente scientifico del progetto, Nino Galfano, agronomo e innovation broker, che ha seguito passo dopo passo ogni fase del progetto.

“L’idea era chiara fin dall’inizio – racconta a Terrà Galfano -. Volevamo ridurre l’impatto ambientale del lavoro in vigna e in cantina, migliorare la qualità del prodotto finale e costruire un modello replicabile anche da altre aziende del territorio. Abbiamo unito strumenti di precisione, pratiche agronomiche innovative e un approccio olistico alla sostenibilità, sempre con un’attenzione concreta ai risultati”.

Riduzione dei fitofarmaci: l’utilizzo innovativo dei raggi UV-C

Tra i tratti più distintivi del progetto c’è senza dubbio la riduzione dei fitofarmaci grazie a tecniche alternative, alcune delle quali assolutamente all’avanguardia. La più promettente? L’utilizzo dei raggi UV-C direttamente sulle viti, un metodo capace di stimolare le difese naturali della pianta.

Le prove sul campo sono state condotte in diverse fasi fenologiche e in contesti climatici differenti. I raggi UV-C, applicati ogni dieci giorni circa, hanno mostrato un’azione preventiva significativa contro l’oidio. “Per la peronospora siamo in fase di valutazione – prosegue l’esperto – ma il potenziale è altissimo. È come se la pianta venisse “allenata” a reagire meglio non solo agli agenti patogeni, ma anche agli stress abiotici come il caldo eccessivo o le gelate tardive”.

L’intuizione nasce da ricerche internazionali, ma è proprio nella Sicilia del vino che prende forma concreta: meno chimica, più intelligenza naturale. E, soprattutto, più rispetto per la terra.

Viticoltura di precisione: droni e mappe satellitari

Ma la lotta ai patogeni non è l’unico fronte. Il progetto ha portato nei vigneti anche la viticoltura di precisione, fatta di droni, mappe satellitari e interventi mirati. Una regia silenziosa e invisibile, che permette di agire solo dove serve. “Abbiamo usato i droni per monitorare i vigneti e applicare concimazioni a rateo variabile. Questo riduce i consumi, migliora la salute della pianta e consente una tracciabilità totale delle operazioni agronomiche, un valore aggiunto per chi oggi cerca vino trasparente e certificato”, aggiunge Galfano.

L’impiego della geotermia

Altro ambito esplorato è quello della sostenibilità energetica in cantina, con un’idea tanto semplice quanto rivoluzionaria: sfruttare la temperatura costante del sottosuolo per raffrescare e riscaldare gli ambienti dove il vino nasce e riposa. La geotermia, in questo caso a sonda orizzontale, ha permesso di ottenere un’efficienza energetica straordinaria.

Come spiega ancora l’esperto, s’è regitrato un incremento del coefficiente EER da 3 a 5 e del COP da 2,9 a 4,2 il che vuol dire oltre il 38% di energia risparmiata, con un taglio netto alle emissioni di CO₂. Un impianto del genere può essere installato anche da aziende medio-piccole, con costi sostenibili e grande impatto positivo sul piano ambientale.

Nuove tecniche per vini più leggeri e salutari

Non poteva mancare, infine, l’attenzione al prodotto finale: vini più leggeri, con meno solfiti e più attenzione al consumatore. Anche qui la sperimentazione è stata rigorosa e audace: defogliazione precoce per ridurre l’accumulo zuccherino, uso di lieviti a bassa resa alcolica – anche non-Saccharomyces – e nuove tecniche fisiche di stabilizzazione microbiologica, che permettono di limitare l’anidride solforosa senza compromettere la qualità e la durata del vino.

Insomma, il mercato cambia, sempre più persone vogliono bere bene e responsabilmente. Non cercano il vino forte, cercano equilibrio, trasparenza, identità. “Noi stiamo lavorando per dare una risposta concreta a questa nuova domanda, nel rispetto del territorio e delle sue tradizioni”.

Condivisione e trasferibilità: un modello virtuoso

Il progetto S.I.F.I.VITE si concluderà entro la fine di giugno, ma le sue ricadute andranno ben oltre. I risultati sono già stati condivisi in incontri con operatori del settore, pubblicati su riviste specializzate e resi disponibili attraverso canali istituzionali. Tutto nella logica di massima condivisione e trasferibilità: perché l’innovazione, per essere davvero utile, deve circolare, contaminare, ispirare.

In un momento storico in cui l’agricoltura è chiamata a ripensarsi di fronte ai cambiamenti climatici, alla scarsità di risorse e alla crescente attenzione dei consumatori, S.I.F.I.VITE rappresenta un modello virtuoso di transizione ecologica applicata. Un esempio tutto siciliano di come si possa coniugare tecnologia, ambiente e cultura del vino, per una viticoltura che non solo produce, ma educa, rispetta e guarda avanti.

“Abbiamo fatto un primo passo – conclude Galfano –. Ora tocca al sistema Sicilia fare in modo che queste esperienze non restino isolate. Perché innovare non significa solo cambiare strumenti, ma cambiare mentalità, e noi – in questo progetto – abbiamo dimostrato che è possibile”.

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