
Parla il ricercatore marketing del CoRFiLaC
Ma il neuromarketing è etico? Scavare nella mente del consumatore è giusto o sbagliato?
di Catia Pasta*
Sull’aspetto etico del neuromarketing, e sull’applicazione di strumentazioni neurologiche per conoscere a fondo i consumatori, si è discusso molto e si discute ancora oggi. Pur tuttavia cercare di comprendere più a fondo le emozioni dei consumatori, le loro sensazioni, che spesso si fa fatica ad esprimere perché non si riconoscono, non vuol dire avere una pozione magica, che consenta di orientare e convincere i consumatori a fare delle scelte verso un prodotto piuttosto che un altro, verso un brand o l’altro.
Ottimizzare le strategie di marketing
Gli approcci metodici di neuromarketing, consentono di indirizzare meglio le strategie di marketing, di abbattere dei costi, evitare che l’ennesimo prodotto entri nel mercato e ne fuoriesca dopo meno di un anno perché non riesce a soddisfare le necessità del cliente. Spesso i prodotti che non riescono a restare sul mercato sono prodotti di qualità ma che semplicemente non riescono ad arrivare al consumatore nel modo giusto, come al contrario prodotti che non sono di qualità, pur avendo una base comunicativa strategicamente forte, non riescono comunque competere nel mercato perché qualitativamente inferiori. La qualità deve essere un must, la comunicazione poi può rendere i prodotti più o meno attrattivi rispetto ai competitors.
I limiti del Neuromarketing
Esistono limiti oggettivi che non possono indurre i consumatori ad acquistare qualcosa, ad esempio un amante delle Ferrari non potrà comprarsi un’auto di questo tipo se non dispone del budget per poterla acquistare, il neuromarketing non lo convincerà a fare una rapina per acquistare l’auto che desidera. Quindi dimentichiamo la capacità manipolativa, di riuscire a spingere i consumatori a fare che non farebbero mai. La scelta di un consumatore nasce da una mediazione tra la necessità di avere quasi subito una ricompensa, la pena del pagamento, ed il rischio della dissonanza cognitiva tra quanto ci si aspetta dall’acquisto e quanto realmente si ottiene da un punto di vista esperienziale.
Neuromarketing e neuroscienze: una distinzione
Il neuromarketing non rende i consumatori incapaci di controllare le proprie azioni. Il consumatore rimane sempre nella piena facoltà di scelta, libero di acquistare o meno un prodotto, mantenendone sempre e comunque il controllo. Ciò che è possibile realmente fare è sollecitare le sue esigenze, le sue passioni, far emergere qualcosa che a volte è latente e non espresso. Marco Baldocchi, riporta che l’esito delle analisi e degli studi che vengono effettuate con le tecniche del neuromarketing, danno delle risposte sull’eventuale possibilità di acquisto in determinate circostanze che si presentano più o meno favorevoli. Il paper scientifico Branding the brain: A critical review and outlook scritto da Hilke Plassmann ed altri collaboratori nel 2012, distingue tra neuroscienza e neuromarketing del consumatore.
Neuroscienza implica le neuroscienze e la psicologia del consumo nella ricerca scientifica e accademica, il neuromarketing prevede l’utilizzo di strumentazione per analisi neurofisiologica come conduttanza cutanea, elettoncefalografia, elettrocardiogramma, implicit reaction time per delle ricerche di mercato orientate all’azienda. Anche il prof Vincenzo Russo, direttore del Behaviour and BrainLab della Iulm, spiega nei suoi lavori che il neuromarketing non manipola, semplicemente misura quello che fa il marketing. Sono nuove modalità di ricerca, nuove opportunità dove al centro viene posta la persona, il consumatore con le sue emozioni dando la possibilità alle aziende di guardare ciò che lo circonda con i suoi occhi, raccogliendo degli insight maggiormente legati all’aspetto emotivo.
Responsabilità etica e benefici reciproci
Ci mettiamo nei panni del consumatore per capire cosa è importante per lui, per soddisfarne le sue esigenze più profonde riducendo gli sprechi e gli sforzi economici. Realmente bisogna spostare l’attenzione dallo strumento agli operatori, sono gli addetti ai lavori, che dovranno svolgere il proprio compito in modo responsabile e sul piano etico.
Oltre alle prassi informativa dei consumatori che liberamente partecipano a questi studi, la garanzia della privacy degli individui, il trattamento dei dati aggregati gli addetti ai lavori dovranno fare lo sforzo di rilasciare un lavoro eticamente valido, che dia da un lato alle imprese i mezzi necessari per fare investimenti migliori, proposte commerciali adatte minimizzando gli errori senza abusi, dall’altro dare alle persone ciò che desiderano, nei tempi e nei modi che possano dare valore all’esperienza di consumo. In poche parole scelte eticamente sostenibili per applicare una strategia “win-win” un approccio negoziale e collaborativo in cui le parti coinvolte, azienda consumatore, mirano a un risultato che soddisfi i loro bisogni e interessi, creando benefici reciproci. Un vantaggio per tutti.
*Ricercatore marketing CoRFiLaC
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