Terrà

Tra storia e natura
L’evoluzione della vite: nuove prospettive dalla biologia molecolare

di Giuliana Cattarossi e Giovanni Colugnati*

Il vino è il prodotto, colturale e culturale, di un insieme di fattori che, per semplicità, possono essere suddivisi in 3 macrogruppi:

1- l’ambiente, le discipline interessate al suo studio in questo caso sono l’agronomia, la climatologia, la geologia;

2- il vitigno (o i vitigni), aspetti esaminati dalla viticoltura, dall’enologia, dalla biologia;

La vite vinifera secondo Pier Andrea Mattioli (1544).

3- l’uomo, storia, archeologia, etimologia, antropologia sono alcune delle discipline che possono contribuire alla valorizzazione delle produzioni agricole, e del vino in particolare, di un territorio.

Come è stato chiarito in altri contributi, le scoperte archeologiche degli ultimi anni e le potenzialità della biologia molecolare permettono oggi di affrontare il problema dell’origine dei vitigni sotto una diversa prospettiva, partendo dalla determinazione dei rapporti genetici di parentela tra vite selvatica (Vitis vinifera L. ssp. sylvestris) e vite domestica (Vitis vinifera L. ssp. sativa). Diverse sono le caratteristiche distintive tra queste due sottospecie: la vite selvatica cresce spontaneamente nei corsi d’acqua dei Paesi che si affacciano nel bacino del Mediterraneo ed è una specie dioica con una rara presenza (5%) di individui ermafroditi, mentre la vite coltivata predilige ambienti aridi ed è caratterizzata da fiori completi capaci di autofecondarsi.

L’ermafroditismo e, quindi, l’autofecondazione rappresentano i caratteri di maggiore interesse agronomico che l’uomo ha selezionato per ottenere una produzione abbondante. Questo processo di selezione (domesticazione primaria), cioè di coltivazione della vite selvatica, sarebbe avvenuto nella regione tra Caucaso ed Iran, a cavallo del 40°parallelo, circa 8.000 anni prima di Cristo, in piena era neolitica.

Studi recenti evidenziano l’importanza, per la diffusione della coltura della vite, di centri secondari di domesticazione nel resto del bacino del Mediterraneo, dove è ben documentata proprio la presenza di colonie di vite selvatica: ad esempio, nei fiumi e torrenti della Sardegna è evidente la presenza di numerosi individui, di ambo i sessi, di questa specie botanica.

Ma quale è il rapporto delle popolazioni dell’isola con questa specie? E quale il contributo dato alla diffusione del vino, della coltura della vite e alla selezione dei vitigni provenienti dall’Occidente mediterraneo e oggi diffusi in tutti gli areali vitivinicoli del mondo? Le teorie tradizionali sull’origine e la diffusione della vite ipotizzano fondamentalmente un centro di domesticazione primaria dal quale la vite si sarebbe diffusa nel resto del mondo conosciuto.

La vite coltivata (Vitis vinifera L., ssp sativa) si sarebbe originata dalla vite selvatica (Vitis vinifera L., ssp sylvestris) (Arnold, 1998). Quest’ultima è presente in natura con esemplari maschili e femminili (è una specie dioica); gli ermafroditi (hanno cioè un fiore capace contemporaneamente di produrre polline e di riceverlo) sono presenti solo in piccola percentuale. I vitigni coltivati sono in gran parte ermafroditi. Questo garantisce, naturalmente, una produzione maggiore e costante rispetto alle varietà selvatiche. Infatti, i fiori delle piante selvatiche femminili, hanno necessità di avere individui maschili nelle vicinanze, produttori di polline, per vedere fecondati i loro fiori e quindi avere abbondante produzione di frutti.

Pertanto, il processo di domesticazione, cioè di scelta dei migliori vitigni selvatici e della loro coltivazione da parte dell’uomo, è consistito nel prendere e coltivare gli individui selvatici più produttivi, propagando soltanto il materiale vegetale degli individui interessanti. L’ermafroditismo e l’autofecondazione sono quindi i caratteri di maggiore interesse agronomico che, fin dal neolitico, l’uomo primitivo ha selezionato nel processo di domesticazione, poiché ciò garantiva una sicura ed abbondante produzione.

Ricordavamo che i più recenti studi relativi alla domesticazione della vite tendono a porre questo avvenimento nella regione tra Caucaso ed Iran, a cavallo del 40° parallelo dell’emisfero settentrionale, circa 8000 anni prima di Cristo (Mc Govern, 2003). La teoria classica considera il fenomeno della domesticazione come un momento ben preciso, localizzato nel tempo una volta per tutte. Anche se questo è un aspetto che contrasta, in realtà, con la logica: in un’epoca in cui le fonti alimentari erano piuttosto scarse, appare difficile pensare che le diverse comunità umane del Mediterraneo non conoscessero e, quindi, non utilizzassero una risorsa alimentare come questa.

E’ quindi molto più semplice pensare ad un’origine policentrica dei vitigni coltivati. Infatti, se l’ipotesi dell’origine monocentrica della vite, con la sua diffusione verso ovest, fosse vera tutte le varietà di vite sarebbero imparentate fra di loro e avrebbero un genitore (o pochi genitori) comuni. In realtà i risultati di diverse equipe multinazionali di ricercatori che, utilizzando le più moderne metodologie della biologia molecolare hanno esaminato i vitigni coltivati nelle diverse aree del Mediterraneo e dell’Europa, confrontandoli inoltre con quelli delle viti selvatiche delle diverse aree

(Arroyo et al., 2006), sembrano confermare proprio l’ipotesi di un’origine policentrica. Infatti le indagini biologico molecolari portano a raggruppare i vitigni in tre gruppi in base alla zona di origine: il Mediterraneo orientale (per le varietà greche e turche), il Centro Europa (per le varietà francesi e tedesche) e il Mediterraneo occidentale.

Da questi dati si può supporre che se la domesticazione della vite è un fenomeno che, da un punto di vista temporale, è avvenuto prima nel Caucaso – ed effettivamente in quest’area sembrano aversi i primi riscontri archeologici dell’utilizzo della vite da parte dell’uomo – anche in altre aree del Vecchio Mondo, in diversi periodi e ripetuti nel tempo, si sono avuti fenomeni di domesticazione. Ogni vitigno è quindi il risultato di una interazione particolare tra uomo e ambiente, nella sua accezione più ampia un vero e proprio prodotto culturale.

*Colugnati&Cattarossi, Partner Progetto PER.RI.CON.E.

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