
L'intervista
Le sfide del vino contemporaneo: uno sguardo privilegiato con l’enologa Irene Vaccaro
di Giacomo Alberto Manzo*
Nel panorama enologico italiano, sempre più dinamico e in evoluzione, figure professionali come quella dell’enologo assumono un ruolo fondamentale nel preservare la tradizione vinicola del nostro paese mentre si affrontano le sfide del futuro. Abbiamo incontrato Irene Vaccaro, enologa di formazione torinese ma con radici siciliane, per comprendere meglio il complesso mondo della produzione vinicola tra cambiamenti climatici, innovazione tecnologica e riscoperta delle tradizioni territoriali.
Come è diventata un’enologa?
“Sono nata e cresciuta in pieno centro a Palermo e provengo da una famiglia che con la produzione del vino non ha nulla a che fare. Tuttavia mi sono stati sempre trasmessi determinati valori e proposte esperienze che mi hanno portato ad amare la campagna e ad apprezzare la genuinità dei suoi prodotti. La mia formazione scolastica è di tipo classico, ma ho sempre avuto un debole per le materie scientifiche. Chimica, fisica, microbiologia, botanica… sembrava tutto indicarmi una strada che mi facesse fuggire dalla ‘via Notarbartolo’, per arrivare nel bucolico mondo agricolo. Attraverso i classici non ho potuto che costatare quanto il vino e la sua storia sia andata di pari passo con l’evoluzione umana e da lì ho intrapreso il mio percorso universitario presso la Facoltà di Agraria di Torino conseguendo, nel 2008, la Laurea magistrale in scienze viticole ed enologiche, e da lì ho intrapreso il cammino che mi ha portato dove sono oggi. In questo percorso ho avuto la fortuna di incontrare grandissimi maestri, che come fari illuminano costantemente la mia ispirazione e aspirazione, a loro sarò sempre grata”.
Quali sono le sue principali responsabilità nel processo di produzione del vino?
“Mi occupo della produzione in ogni sua fase, dalla sanità delle uve alla maturazione delle stesse, elementi e condizioni essenziali per decidere l’epoca di raccolta e le operazioni vendemmiali. Definisco i protocolli di lavorazione e coordino la squadra di cantina in tutti i processi, fino all’imbottigliamento. Inoltre mi occupo del controllo di qualità dei vini”.

Irene Vaccaro
Come sceglie le uve per la vinificazione?
“Ho la fortuna di lavorare in un’azienda che non acquista uve. I vigneti sono tutti di proprietà, ciò mi consente di operare in piena autonomia e in maniera precisa. I vigneti sono piuttosto omogenei in termini di età, esposizione, altitudine, suolo, e la produzione è contenuta durante le fasi precoci di formazione del grappolo, con l’obiettivo di arrivare alla vendemmia con equilibrio e omogeneità di maturazione, scartando tutti quei grappoli colpiti da patogeni o che sono danneggiati dagli eventi atmosferici”.
Quali sono le sfide più comuni che incontra nel suo lavoro?
“Viviamo un momento storico importante sotto diversi punti di vista e credo che le vere sfide dobbiamo ancora attenderle. Per restare su argomenti attuali e discussi certamente riguardano i cambiamenti climatici. Cambiamenti in grado di consentire l’ottenimento di uve con una gradazione zuccherina più elevata, rispetto al passato. Ecco perché è importante trovare il giusto compromesso tra maturità tecnologica, aromatica e fenolica. Quindi la sfida dei tecnici è quella di riadattare la viticoltura, con particolari attenzioni alle varietà e alla tecnologia di cantina.
Sull’Etna il fenomeno è ancora relativamente contenuto ma si guarda al futuro. Sicuramente abbiamo la fortuna di poter contare su vitigni autoctoni tardivi che ben si adattano alle nuove tendenze e quando si renderà necessaria e lecita l’irrigazione, si potrà contare su una discreta disponibilità idrica. Cosa che invece sta diventando utopia nel resto della Sicilia.
Farei una riflessione anche sul doversi confrontare con la crisi della manodopera in agricoltura, che colpisce sia i vigneti sia le cantine. Guardando oltre, vedo grosse mancanze di competenze e maestranze in tutti gli ambiti (vignaioli, cantinieri, bottai, manutentori, etc.), e totale disinteresse all’agricoltura (o forse al lavoro in generale) da parte delle nuove generazioni. In questo la politica dovrebbe essere più incisiva e determinata nel sostenere il settore, ma capisco che le dinamiche non sono così lineari. Inoltre si deve investire di più nella ricerca”.
Quali sono le tendenze attuali nel mondo del vino?
“Il mondo del vino oggi è molto vasto e le tendenze spesso in contrasto tra loro. Credo che si consolidi sempre di più l’identità varietale e geografica dei singoli vini. Quindi, la carta vincente è interpretare il vino come espressione di un ‘territorio’, che si collega in maniera più diretta e viscerale al turismo, alla mobilità, al rapporto diretto consumatore/produttore. Si tende sempre di più a comunicare il vino e la propria identità aziendale come un’esperienza da vivere, sia in cantina sia a casa o nei ristoranti; questo crea dialogo, confronto e una fitta rete di estimatori.
Altro capitolo è la ‘sostenibilità ambientale’. Noto con piacere che tantissime aziende siciliane e i consumatori in generale sono sempre più sensibili all’argomento. Di pari passo c’è, giustamente, grande attenzione agli aspetti ‘salutistici’. Ma purtroppo assistiamo a scelte politiche sbagliate che si accaniscono, in particolar modo sul vino; prodotto che invece è risaputo è più salutare di altre bevande alcoliche. Semmai bisogna cambiare strategia politica non limitando il consumo con norme penalizzanti ma educative, sul buon bere, moderato e ragionevole. Alla lunga le ultime norme penalizzeranno il mercato, e già le prime analisi di mercato dimostrano che il consumo del vino è in forte picchiata”.
Come bilancia tradizione e innovazione nella produzione del vino?
“Cerco di tenermi sempre aggiornata sull’avanzamento della ricerca e sull’apporto delle tecnologie, anche se in cantina non faccio molto uso di prodotti o macchinari particolari. Potrei sintetizzare così: sposo l’innovazione quando ha la funzione di preservare le caratteristiche intrinseche del prodotto e la tradizione del territorio. Rimango invece sul tradizionale quando l’innovazione tende ad apportare qualcosa di ‘estraneo’ o ‘atipico’ al vino del territorio”.

Irene Vaccaro
Quali sono i suoi vini preferiti?
“Questa è una domanda che spesso mi mette in difficoltà. Io ho una teoria, che ogni circostanza o abbinamento abbia un vino che meglio si adatta al contesto e all’abbinamento stesso. Se però devo proprio esprimere delle preferenze cadono sui rosati, freschi, minerali, sapidi, non eccessivamente profumati ma accattivanti, questi, infatti, li abbino con tantissimi piatti e in tantissime situazioni. Mi piacciono i vini siciliani, quelli fatti in contesti particolari, ma non disdegno i vini nazionali e stranieri. Sono molto curiosa e mi piace allargare le mie conoscenze su altre tipologie di vini”.
Come valuta la qualità di un vino?
“Noi enologi abbiamo un discutibile atteggiamento, è che quando degustiamo i vini prima cerchiamo i difetti, successivamente i pregi. Non a caso sto cercando di lavorare molto sulla ricerca dei pregi, sulla piacevolezza e non sui difetti. Un atteggiamento questo facilmente adottato dal consumatore. Senza scendere troppo sui tecnicismi per me un vino è di qualità quando risponde alle caratteristiche della varietà e del territorio, quando trasmette equilibrio ed eleganza, quando fa venire voglia di berne un altro sorso, praticamente, quando ti emoziona”.
Consigli a chi vuole diventare enologo?
“Una delle prime cose che mi è stata insegnata in Enologia è che l’enologo è un chimico, un fisico, un microbiologo, ma più di tutto è una persona curiosa, che non teme di mettere il naso da nessuna parte. L’enologo è una persona umile che non teme di affondare la zappa sulla terra o le mani nella feccia di vino. Quello che voglio dire è che per quanto gli studi siano il fondamento della professione e non bisogna mai abbandonarli ma di certo, la voglia di fare esperienza e l’umiltà nel farla, alla lunga paga. Cogliere il più possibile da ogni opportunità, mi riferisco al bagaglio della formazione che ogni esperienza ci può dare, senza subire, ma mettendosi in gioco”.
Qual è stata l’esperienza più memorabile nel mondo del vino?
“Quello che mi rimane di più del bagaglio di esperienze che ho fatto nel mondo del vino, sono gli incontri, quelli veri che ti lasciano dentro un qualcosa di importante, umano e professionale. La conoscenza, il confronto, con persone, docenti, colleghi, clienti, vignaioli, sono elementi essenziali per acquisire notizie che ti aiuteranno nella tua professione. Lavorare nel mondo del vino è un po’ come essere a una grande tavola nella quale il vino rende sempre piacevole e profondo il convivio e la conversazione”.
*Enologo
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