Terrà

Parla Pietro Giacalone
L’avventura australiana di un enologo siciliano: da un sogno a una realtà di successi

di Giacomo Alberto Manzo*

Racconta la sua passione per il vino, nata grazie al lavoro di suo nonno e di suo padre. Pietro Giacalone, attualmente vive in Australia e fa parte del Team di Enologi di Serafino Wines a Mclaren Vale, Adelaide, South Australia. Si occupa principalmente della vinificazione in bianco e rosé e presta attenzione alla fase vegetativa e produttiva dei vigneti dell’azienda.Ora, finalmente, ha anche una sua etichetta.

Come è diventato un enologo?

“Tutto ha avuto inizio grazie alla passione e alla dedizione di mio nonno Diego Maggio e mio padre Giovanni. Il primo, un grande lavoratore e agricoltore che grazie al suo carisma ha iniziato a comprare vigneti fin dalla giovane età; il secondo, mio padre, ingegnere di professione ma innamorato della terra, della vite e dell’uva. Grazie ai loro sacrifici, pure io mi sono immerso in questo mondo fantastico fin da piccolo, iniziando a conoscere la terra, la pianta, l’uva e successivamente il vino. E così a soli 7 anni, la mia prima vendemmia. Ho studiato all’Istituto Tecnico Agrario “Abele Damiani” di Marsala per poi conseguire la mia laurea in Enologia a Conegliano Veneto. Nel frattempo scelsi di fare un’esperienza lavorativa in Australia e ciò mi ha cambiato la vita.

Le sue principali responsabilità nel processo di produzione del vino?

“Vivo in Australia ormai da 12 anni e faccio parte del Team di Enologi di Serafino Wines a Mclaren Vale, Adelaide, South Australia. Mi occupo della fase di vinificazione, dal conferimento dell’uva in cantina fino all’imbottigliamento è, prioritariamente della vinificazione in bianco e rose’.
Oltre a questo, durante l’anno presto sempre molta attenzione alla fase vegetativa e produttiva dei vigneti dell’azienda.

Come sceglie le uve per la vinificazione?

“Le uve le scegliamo in base alla loro maturità fenolica, esposizione del vigneto e di tipo di suolo. Soprattutto ci concentriamo tanto sulla poca resa di produzione e nello scegliere uve sane e non malate. La qualità della materia prima, in sostanza, è la cosa più importante per produrre vini eccelsi”.

Pietro Giacalone

Le sfide più comuni che incontra nella sua professione?

“Ogni anno si imparano sempre nuovi metodi e nuovi processi per ottenere e produrre vino. Soprattutto per i vini bianchi, per i quali si presta grande attenzione. Qui in Australia, si presta molta accortezza al colore dei bianchi. Ovvero che non tendano troppo al colore giallo, e a evitare di produrre dei vini troppo fenolici (fenomeni ossido-riduttivi, responsabili delle profonde e irreversibili modificazioni del colore e dell’aroma del vino) al naso e al palato. “In questi anni ho dovuto imparare tante tecniche di miglioramento produttivi”.

Le tendenze attuali nel mondo del vino?

“Il mondo del vino è in continua evoluzione. Ogni anno qualcosa cambia e il consumatore e il consumatore è sempre più esigente. Tutt’oggi si preferisce bere, almeno qui in Australia, vini non troppo barricati e ricchi di tannini, quanto piuttosto vini più fruttati, easy to drink, che esaltano il territorio e la tradizione. Ma se da una parte le tendenze sono cambiate in Australia, dall’altra l’enologo di oggi deve anche capire il mercato globale del vino. Deve conoscere i mercati non solo nazionali ma anche internazionali, in base a questi mercati si crea il vino che più viene richiesto e venduto in un determinato paese”.

E sul rapporto tradizione e innovazione?

“Entrambi devono camminare di pari passo. E’ giusto essere innovativi,  soprattutto noi giovani enologi. Dobbiamo in tutti i modi cercare di esserlo, prendendo spunto dalle tradizioni, dalle procedure conosciute per giungere al prodotto finito. Una delle componenti essenziali del processo produttivo è indubbiamente la qualità dell’uva. Difficile realizzare un buon vino se la qualità dell’uva non è eccellente, come detto in precedenza. Il vino nasce in vigna, poi in cantina il nostro compito è esaltare tutte le componenti che si sono sviluppate nell’uva durante l’anno, sapori, colori e i vari indici di maturità”.

I suoi vini preferiti?

Tra i bianchi amo molto gli Chardonnay messi in botte Francese, dove rilasciano odore di vaniglia e spezie leggere, ma sempre vini molto equilibrati al palato, con una acidità totale non troppo elevata. Mi piacciono i rossi come Syrah or Shiraz, sempre di media struttura, non troppo tannici. Qui in Australia aumentano sempre più le varietà Italiane impiantate, come il Nero d’avola, il Sangiovese, il Montepulciano, il Primitivo e altri. Queste ultime varietà le preferisco degustare e berle con l’utilizzo di poco legno in modo da  risaltare il carattere fruttato. Poi adoro bere il Grenache, una varietà molto famosa qui a Mclaren Vale, possibilmente vinificata con un 10% in macerazione carbonica accompagnata a un 10% di fermentazione con grappolo intero. Giusto per dare un po’ di diversità al vino stesso”.

Come valuta la qualità di un vino?

“Molti valutano la qualità di un vino in base a parametri chimici, e analisi numeriche. Io valuto, invece, la qualità di un vino in base a tutte le sue potenzialità e caratteristiche organolettiche che il vino mi trasmette durante la fase di vinificazione. I risultati li vedo, li osservo e ne prendo atto, ma non modifico drasticamente la qualità di un vino in base ai numeri”.

La tua esperienza più memorabile nel mondo del vino?

“Riuscire a creare,  in Australia, la mia etichetta, il mio Brand, Pietro Wines.
Un’esperienza unica, perché sono sempre stato convinto che la soddisfazione più grande per un enologo è creare un proprio vino, una sua etichetta, imbottigliarlo, etichettarlo e venderlo. Quando vendi una bottiglia di vino, trasmetti amore, passione e grande forza lavoro. Il consumatore tutto questo lo apprezza, e quella bottiglia di vino la berrà con uno spirito diverso”.

Consigli a chi vuole diventare un enologo?

“Amare questo lavoro, ci vuole molta passione per questo lavoro e non si finisce mai di imparare. Io la mattina mi alzo all’alba, vado in cantina, alzo e sposto tubi, travaso vini, mi sporco come un bambino, perché per ottenere il massimo del risultato, bisogna dare il massimo in ogni fase della lavorazione.
Terminato il lavoro in cantina, nel pomeriggio mi dedico alla vendita. Non mi fermo mai, tutto questo perché dentro di me c’è tanta energia positiva che mi accompagna nel mio lavoro”.

*Enologo

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