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Gli eredi occupano un terreno per oltre 40 anni. Usucapione?

di Mariangela Miceli

La “Giustizia” risponde è una rubrica curata dall’Avv. Mari Miceli al fine di offrire dei contributi dal mondo del diritto sia agli imprenditori agricoli, sia a associazioni di categoria nonché professionisti. In tal senso, potete porre i vostri interrogativi o temi per un confronto inviando a redazioneterra@psrsicilia.it

Gli eredi di un allevatore che gestiva, da circa quarant’anni, un fondo per pascolo del bestiame chiedevano, in riconvenzionale, a fronte della richiesta di rilascio del fondo proposta dagli eredi della comproprietaria, il riconoscimento utile ai fini della usucapione della proprietà allegando di avere gestito uti domini il cespite. La domanda degli attori veniva respinta e accolta quella di accertamento della proprietà per intervenuta usucapione in favore degli occupanti. La Suprema Corte, nel respingere il ricorso principale proposto dai soccombenti in secondo grado, ha accolto quello incidentale ricordando, in proposito, che in base a una costante giurisprudenza di legittimità va riconosciuto il diritto del proprietario al risarcimento del danno – che è in re ipsa – perché determinato dalla mancata disponibilità del cespite utilizzabile secondo un criterio di normalità.

Infatti, nel caso di occupazione senza titolo di un immobile, l’esistenza di un danno subito dal proprietario va presunto, in base all’utilità normalmente conseguibile attraverso l’esercizio delle facoltà di godimento e di disponibilità del bene, insite nel diritto dominicale. Si tratta di una presunzione iuris tantum, destinata a essere elisa solo ove emerga positivamente che il proprietario si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile dismettendolo. “La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che nel caso di occupazione senza titolo di un immobile, l’esistenza di un danno in re ipsa subito dal proprietario, sul presupposto dell’utilità normalmente conseguibile nell’esercizio delle facoltà di godimento e di disponibilità del bene insite nel diritto dominicale, costituisce oggetto di una presunzione iuris tantum, che non opera ove risulti positivamente accertato che il dominus si sia intenzionalmente disinteressato dell’immobile e abbia omesso di esercitare su di esso ogni forma di utilizzazione (Cass. n.14222/2012)”.

La questione in esame è la seguente: accertato che per oltre un quarantennio il ricorrente ha avuto la disponibilità del bene costruendo una casa di abitazione e altri fabbricati, laddove non emerga alcun prova di atti riconoscibili e diretti alla c.d. interversio possessionis, dette opere non sono idonee ad affermare il possesso utile ad usucapionem perché la mera tolleranza della parte proprietaria non comporta la dismissione delle facoltà dominicali laddove questa alleghi che la disponibilità del cespite – originariamente concesso per il pascolo del bestiame – era piuttosto legata alla reciproca collaborazione, tale da escludere il possesso utile ai fini di cui sopra e in difetto di atti idonei a mutare l’atteggiamento psicologico del detentore. Per contro, l’indisponibilità del fondo giustifica il risarcimento del danno che è in re ipsa ossia presunto iuris tantum per la compressione delle facoltà dominicali che ne consegue.

Come noto, la ricostruzione sistematica del possesso utile per l’acquisto della proprietà e degli altri diritti reali fa leva sul corpus possessionis (elemento reale), parametrato all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, nonché sull’atteggiamento mentale del preteso acquirente a titolo originale del diritto che s’identifica con l’animus possidendi, ossia con la volontà di tenere il bene con l’atteggiamento del proprietario, il che identifica bene la linea di demarcazione tra possesso e mera detenzione perché, laddove vi sia disponibilità materiale della cosa e il soggetto riconosca l’esistenza del possesso altrui (laudatio possessionis) si avrà solo detenzione e non possesso utile ai fini dell’usucapione. Inoltre, la detenzione qualificata, è tale se esercitata nell’interesse proprio, come accade nella locazione, ovvero non qualificata, perché esercitata per interesse alieno, come nel caso del contratto di custodia.

L’atto d’interversione qualifica, perciò, il mutamento dell’animus del detentore che cessa di riconoscere l’altrui signoria sul bene e si comporta da proprietario, tutto ciò a condizione che tale modifica dell’atteggiamento psicologico sia esteriorizzabile: il che può avvenire o in via oppositiva o attraverso la collaborazione di un terzo che trasferisca il possesso nella sua pienezza al detentore. Ora, nel caso di specie, la Suprema Corte assume che pur avendo i pretesi usucapenti, in un arco di tempo di oltre quarant’anni, fruito del fondo e realizzato su di esso opere stabili, quali l’edificazione di tre case di abitazione unitamente all’attività di allevamento, essi non possono vantare l’estrinsecazione di un potere autonomo sulla res, tale da assumere valenza giuridica ai fini del possesso uti dominus, utile ai fini dell’usucapione.

Mariangela Miceli

Avvocato del Foro di Trapani, dottoressa di ricerca in diritto commerciale, è consulente tecnico per il Fondo FEASR presso l´assessorato dell´Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana. Autrice di pubblicazioni scientifiche. Contributor per il blog Econopoly24 del Sole24ore. Collaboratrice per il Vol. “L´interpretazione del diritto” a cura di F. Caringella ed. Dike; co - autrice del testo edito da Giuffrè “Criptoattività, criptovalute e bitcoin”, a cura di Stefano Capaccioli. E. tra le altre cose, curatrice e relatrice del Convegno “un’altra vita: dal codice rosso alla rete sociale”, patrocinato dall´Unesco.

Mariangela Miceli

Avvocato del Foro di Trapani, dottoressa di ricerca in diritto commerciale, è consulente tecnico per il Fondo FEASR presso l´assessorato dell´Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana. Autrice di pubblicazioni scientifiche. Contributor per il blog Econopoly24 del Sole24ore. Collaboratrice per il Vol. “L´interpretazione del diritto” a cura di F. Caringella ed. Dike; co - autrice del testo edito da Giuffrè “Criptoattività, criptovalute e bitcoin”, a cura di Stefano Capaccioli. E. tra le altre cose, curatrice e relatrice del Convegno “un’altra vita: dal codice rosso alla rete sociale”, patrocinato dall´Unesco.

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