Parla il ricercatore marketing
Il paradosso della scelta: meno opzioni, più felicità?
di Catia Pasta*
Che ci troviamo all’interno di un’era dove il sovraccarico delle informazioni, di contenuti, sia paragonabile ad un vero e proprio bombardamento che elicita i nostri sensi e quindi il nostro cervello, è cosa certa, come è certo che non siamo in grado di immagazzinare tutte queste informazioni in tempi brevi come una manciata di secondi. La capacità della memoria di lavoro umana, in media, si aggira intorno a 7 elementi più o meno due, come suggerito dalla teoria del “numero magico sette” di George Miller.
Questo significa che le persone possono generalmente mantenere nella loro mente, contemporaneamente, tra 5 e 9 informazioni. Quindi tutto il resto viene tralasciato, ed è facile comprendere che non tutto quello a cui siamo giornalmente esposti viene immagazzinato. Sono circa 34 gygabite la quantità di dati consumati mediamente dagli americani, attraverso varie forme di media e comunicazione, e davanti ai nostri occhi passano più di 100.000 parole al giorno secondo Nick Bilton dell’Università della California, in un suo studio del 2009.
Oggi, certamente, le informazioni a cui siamo sottoposti sono molte di più, e spesso non vengono attenzionate, immagazzinate, non né abbiamo il tempo nè la capacità. Quando questo poi si esplicita in un sovraccarico cognitivo, più elementi abbiamo a cui porre attenzione, meno riusciamo a focalizzarci per prestare attenzione. Più informazioni arrivano al nostro cervello e più lo stesso cerca di risparmiare energia, di trovare delle alternative, delle scorciatoie, che ci possano consentire di sfuggire dalla fatica di dover considerare troppi elementi, troppe variabili, con il rischio di attenzionare le informazioni meno rilevanti.
Il paradosso della scelta e il sovraccarico cognitivo
Nel food & beverage meno e più semplici sono le informazioni più il prodotto riuscirà ad arrivare all’attenzione del consumatore. Il numero elevato di prodotti offerti, con le annesse informazioni, potrebbe portare alla non scelta di alcun prodotto. La teoria del “paradosso della scelta” formulata dal psicologo americano Barry Schwartz nel 2004, si fonda sul principio che all’aumentare delle possibilità di scelta aumenta la difficoltà della scelta. L’abbondanza di opzioni di scelta può influire negativamente sulla nostra felicità. Un’eccessiva quantità di opzioni disponibili per la decisione può portare a confusione, ansia e insoddisfazione, paradossalmente riducendo il benessere individuale. Schwartz dimostrò quanto asseriva partendo con esperimento molto semplice. A due gruppi composti da studenti universitari venne chiesto di valutare due scatole di cioccolatini. Al primo gruppo venne data una scatola con 6 cioccolatini, al secondo una composta da 30 cioccolatini.
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Coloro che disponevano di una minore possibilità di prodotto, così come di informazione, su cui fare una scelta rimasero più soddisfatti dai cioccolatini che avevano ricevuto. Dichiaravano che gli tessi in media avevano “un sapore più buono”, rispetto al gruppo che aveva una scelta più ampia. All’aumentare del numero di scelte possibili sino ad un certo punto, la facilità aumenta, per poi iniziare a declinare dopo un picco. Secondo Barry Schwartz, in presenza di una minore scelta, tendiamo ad essere più soddisfatti di ciò che ci viene dato. Oggi, la tecnologia, l’evoluzione della società e la grande diffusione dei social networks – che oltre ad offrirci infinite informazioni e possibilità materiali, ci propongono continui modelli morali, comportamentali, estetici ed altro ancora – rendono sempre più difficile la nostra scelta, le nostre decisioni che sono sempre meno consapevoli e gratificanti. Tutto ruota intorno al piacere decisionale, sul carico cognitivo. I modelli economici una volta ipotizzavano che una maggiore scelta, portasse in qualche modo ad una maggiore utilità per il consumatore. Modelli in cui le componenti psicologiche entrano a far parte a pieno titolo, dimostrano oggi un quadro del tutto differente.
Esperimenti e implicazioni psicologiche
Non è il numero di possibilità che rende la scelta più consapevole o più soddisfacente, ma è la modalità in cui la scelta viene percepita e la rilevanza che la stessa ha per l’individuo. Un forma di equilibrio tra libertà della scelta, della decisione, ma allo stesso tempo la responsabilità che la stessa impone, tra l’emozione e la giustificazione razionale della stessa. Gli psicologi Sheena Iyengar e Mark Lepper nel 2000 hanno, attraverso uno studio molto semplice, messo in evidenza tutta la valenza della teoria. I due scienziati, hanno dimostrato che, nonostante una maggiore scelta aumenti l’interesse, la stessa in realtà non implica a sua volta la quantità delle decisioni che vengono prese e la consequenziale soddisfazione. Ma vediamo come hanno fatto.
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In un supermercato della California in due zone diverse, hanno dislocato due stand espositivi, uno più grande ed uno più piccolo, dove rispettivamente in uno venivano offerte 24 tipi diversi di marmellata, mentre nell’altro solo 6. Lo stand grande riuscì ad attrarre un numero maggiore di visitatori, ma la selezione e quindi scelta di acquisto fu minore rispetto allo stand più piccolo con un numero inferiore di possibilità. Quindi nello stand grande vi furono più visitatori ma meno acquisti, contrariamente nello stand piccolo vi entrarono meno visitatori ma questi fecero più acquisti. Nel più piccolo con la minore offerta il 30% dei visitatori ha acquistato il prodotto, mentre in quello più grande solo il 3% ha effettivamente acquistato un vasetto di marmellata.
Applicazioni nel commercio digitale e UX
Questo confermando che sebbene un’ampia selezione possa generare una maggiore attrazione, la stessa non porta automaticamente a decisioni migliori. Ma come è possibile? La presenza di un grande numero di opzioni genera nel consumatore confusione, una certa pressione all’acquisto ma allo stesso tempo il rischio di poter sbagliare la scelta induce ad un maggior rischio di rimpianto nella fase post-acquisto. Il cliente quindi ha preferito non prendere alcuna decisione piuttosto che prendere quella sbagliata. Quanto sopra descritto avviene anche nel commercio digitale. Quando si progetta la Users Experience (UX), esperienza dell’utente, sul web, il paradosso della scelta ha un grande impatto sul comportamento degli utenti e sui tassi di conversione.
Dobbiamo sempre ricordare che un’offerta eccessiva che implica un processo decisionale più difficile, può portare all’immobilizzazione del cliente e della sua scelta, il quale tende ad esitare, annullando il suo processo di acquisto ed evitando del tutto la decisione, con una conseguente riduzione delle vendite. Ma facciamo attenzione, perché non riduce la vendita solo adesso ma implica anche una riduzione della soddisfazione dell’utente e quindi della fedeltà del cliente nel tempo, in futuro. Quindi gamme di prodotto, molto articolate, vanno presentane in modo tale che l’utente non si senta sovraccaricato, per questo l’architettura dell’informazione va progettata per essere comprensibile, intuitiva affinché il processo decisionale venga reso più semplice e fluido, ma soprattutto privo di incertezza.
Semplificare per decidere meglio
Sarà quindi utile ridurre il numero di opzioni disponibili, concentrandosi su ciò che è più importante, personalizzando l’esperienza. Per semplificare il processo decisionale basterà lavorare meglio sulla categorizzazione, l’organizzazione dei prodotti e sulla scelta delle informazioni da fornire, che dovranno essere chiare e concise. Sempre 7 (più o meno 2) sono le informazioni che riusciamo a tenere in memoria.
*Ricercatore marketing CoRFiLaC
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