
Una rete in crescita
Agricoltura sociale in Sicilia: quando la terra diventa riscatto
Nelle campagne siciliane si sta consumando una rivoluzione silenziosa. Dove per decenni il lavoro agricolo è stato sinonimo di fatica e isolamento, oggi germogliano progetti che intrecciano inclusione sociale e produzione agricola. Cooperative, fattorie sociali e imprese del terzo settore stanno trasformando la terra in un laboratorio di cittadinanza attiva, coinvolgendo persone con disabilità, migranti ed ex detenuti in percorsi di reinserimento che vanno ben oltre la semplice assistenza.
Non si tratta di retorica buonista, ma di esperienze concrete che stanno cambiando il volto dell’agricoltura isolana. E che dimostrano come il settore primario possa diventare un potente strumento di welfare territoriale.
Dal carcere ai campi: l’esperienza siracusana
L’esempio più emblematico arriva da Siracusa. Qui la cooperativa sociale L’Arcolaio ha dato vita al progetto “Frutti degli Iblei”, un’iniziativa che mette insieme ex detenuti, persone ancora in esecuzione penale, migranti e soggetti fragili. Insieme coltivano erbe aromatiche e producono conserve e dolci tipici siciliani.
“La filiera agricola diventa laboratorio sociale”, spiega chi segue il progetto. Qui si impara un mestiere, si riconquista fiducia in se stessi, si scopre che dietro un’etichetta di marmellata può nascondersi una seconda possibilità. Il carcere smette di essere solo luogo di pena e diventa trampolino di lancio verso il reinserimento.
Migranti imprenditori: rompere la logica dei ghetti
Nelle campagne etnee e in altre zone dell’isola si sta scrivendo un’altra pagina importante. Gruppi di migranti hanno scelto di sottrarsi allo sfruttamento nei ghetti agricoli e si sono organizzati in cooperative e imprese sociali. Hanno recuperato serre abbandonate, avviato coltivazioni di ortaggi, organizzato mercatini di prossimità.
Il percorso non è stato in discesa: alla diffidenza iniziale delle comunità locali si sono aggiunte difficoltà burocratiche e il peso di pregiudizi radicati. Ma oggi queste realtà dimostrano che chi un tempo era considerato solo manodopera a basso costo può diventare imprenditore agricolo, cittadino attivo, punto di riferimento per il territorio. Hanno imparato a gestire i conti, a dialogare con le istituzioni, a costruire reti commerciali. E hanno conquistato dignità e autonomia economica.
La disabilità trova spazio tra gli orti
L’agricoltura sociale accoglie anche il tema delicato della disabilità. Progetti come “Piccola Paola” hanno dimostrato come orti e piccole aziende agricole possano diventare strumenti terapeutici efficaci. Lavorare la terra, prendersi cura di piante e animali, partecipare ad attività di trasformazione non serve solo a generare reddito.
Per molti giovani e adulti con disabilità significa sviluppare autonomia, responsabilità, capacità relazionali. Significa avere uno spazio dove sentirsi utili, parte di un gruppo, capaci di contribuire al benessere collettivo. Il lavoro agricolo diventa così terapia, inclusione, emancipazione.
Una rete in crescita, ma servono ancora strutture
Questo fermento non è casuale. Negli ultimi anni in Sicilia è cresciuta una rete di fattorie sociali che sta dando struttura e respiro alle esperienze sul campo. Cooperative, aziende agricole e associazioni del terzo settore si sono unite per condividere buone pratiche e consolidare l’offerta di prodotti “sociali”.
Anche la Regione Siciliana ha mosso passi concreti, aprendo tavoli di lavoro e prevedendo bandi specifici nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale. Non si tratta solo di finanziamenti, ma di un riconoscimento istituzionale fondamentale: l’agricoltura sociale viene riconosciuta come parte integrante del sistema agricolo regionale, non come iniziativa marginale o assistenzialista.
I numeri di un fenomeno in espansione
A livello nazionale le aziende agricole multifunzionali – quelle che integrano attività sociali o educative – sono ormai migliaia. In Sicilia il censimento è più complesso, ma le stime parlano di alcune decine di fattorie sociali attive, con centinaia di persone coinvolte direttamente.
Migliaia sono invece i cittadini raggiunti indirettamente attraverso i servizi offerti: orti didattici per le scuole, mense sociali, mercati di filiera corta. Ogni progetto ha caratteristiche proprie, ma tutti condividono la stessa visione: la terra, se messa al servizio delle persone, può diventare un bene comune generatore di valore sociale oltre che economico.
Le sfide ancora aperte
Restano però sfide importanti da affrontare. La prima è la sostenibilità economica: trasformare un’idea di impatto sociale in un’impresa che regge il confronto col mercato richiede reti commerciali solide, marchi riconoscibili, consumatori consapevoli e disposti a premiare la qualità etica dei prodotti.
La seconda sfida riguarda la formazione. Chi arriva da esperienze di marginalità – un detenuto che esce dal carcere, un migrante che non conosce la lingua, una persona con disabilità che necessita di supporti specifici – ha bisogno di accompagnamento costante, tutoraggio qualificato, percorsi personalizzati.
C’è infine il nodo cruciale dell’accesso alla terra. Troppe aziende agricole sociali faticano a trovare campi e strutture a canoni sostenibili, mentre in Sicilia migliaia di ettari restano abbandonati o sottoutilizzati. Serve una politica più coraggiosa di redistribuzione delle terre pubbliche e di valorizzazione del patrimonio rurale dismesso.
Storie di rinascita in ogni prodotto
Nonostante le difficoltà, i risultati sono tangibili e misurabili. Ogni vasetto di miele, ogni cassetta di pomodori, ogni barattolo di pesto prodotto in questi progetti porta con sé una storia di rinascita. È il simbolo concreto di come la Sicilia rurale stia diventando un laboratorio di civiltà: un luogo dove si produce cibo e insieme si coltivano diritti, inclusione, futuro.
L’immagine più potente è quella di un campo al tramonto, dove lavorano fianco a fianco un ragazzo arrivato dal Nord Africa, un ex detenuto di Augusta e una giovane con disabilità motoria. Non parlano la stessa lingua, non hanno la stessa storia, ma condividono la stessa zappa e lo stesso sogno: che la terra, se curata insieme, possa dare frutti a tutti. E che da quella terra possa nascere una Sicilia più giusta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA