
Il progetto
Il maiale che salvò i Nebrodi: dalla quasi estinzione alla scommessa della Dop. Un progetto contro l’oblio
Un maiale nero, rustico, quasi selvatico. La sua storia affonda le radici nei racconti di Omero e resiste, ai margini di un’agricoltura sempre più standardizzata. È il Suino Nero dei Nebrodi, simbolo identitario di una Sicilia rurale che non si arrende. E che, anzi, lancia una sfida all’Europa: ottenere la Denominazione di Origine Protetta per le sue carni. Un riconoscimento che è l’ultimo, decisivo atto di un’ambiziosa operazione di rinascita. “Questa candidatura è il coronamento di un percorso che parte da lontano, da un legame ancestrale tra questa razza e il suo territorio”, afferma Francesco Calanna, presidente del Gal Nebrodi Plus. “Non stiamo salvando solo un animale, stiamo proteggendo un pezzo della nostra storia”.
Un progetto di comunità contro l’oblio
Lo scorso agosto, a Capri Leone, è stato depositato il dossier ufficiale. Un momento culminante per il Gal Nebrodi Plus, capofila di un percorso che ha coinvolto allevatori, istituzioni e scienza. L’obiettivo: strappare questo patrimonio dall’oblio. Negli anni ’90, la popolazione era a serio rischio estinzione, soffocata dalla produzione intensiva. Oggi, si contano circa 120 aziende in Sicilia, con quasi 100 solo nei Nebrodi e oltre 6.600 capi. Numeri che parlano di una resistenza corale. Una rinascita che, come sottolinea il presidente, “è partita dalla necessità di tutelare una popolazione zootecnica unica e ha coinvolto sinergicamente diverse Istituzioni, coordinate dal Dipartimento Regionale dell’Agricoltura”.
Salute e territorio: il binomio vincente
La candidatura non si regge solo sulla storia, ma su solide basi scientifiche. Il Gal ha supportato analisi che hanno svelato un profilo nutrizionale d’eccellenza. I dati sono chiari e incontrovertibili: l’acido palmitoleico, benefico per la salute cardiovascolare, si presenta in concentrazioni elevate nei suini allevati qui, così come l’acido oleico. La zona di allevamento ha un impatto significativo sul profilo degli acidi grassi, che diventano così dei traccianti chimici incontestabili del legame con il territorio. Il suolo, il clima, i pascoli non sono solo uno scenario: sono ingredienti attivi che rendono questa carne non solo buona, ma salubre.
La sfida economica: strutturare la filiera
Il riconoscimento DOP è la leva per compiere il salto di qualità economico. Finora, nonostante il valore alto dei trasformati – dal prosciutto crudo a 40€/kg al salame – il comparto è rimasto frammentato. Il comparto già consegue risultati economici non secondari, ma la DOP migliorerà i valori economici in modo esponenziale. Tuttavia, è necessario potenziare e organizzare la filiera in modo adeguato. Il nascente Consorzio avrà proprio questo compito cruciale: contrastare le imitazioni e guidarci verso mercati più ampi e selettivi, nazionali e internazionali, senza mai tradire il legame con il territorio.
Oltre la carne: indotto e turismo
Le prospettive travalicano i confini della macellazione. A beneficiarne sarà un intero ecosistema. “Non parliamo solo di export”, precisa il presidente del Gal. “C’è un tessuto imprenditoriale diffuso che può beneficiarne: allevatori, trasformatori, ristoratori, operatori del turismo enogastronomico”. Il Suino Nero è un Presidio Slow Food, un ambasciatore che può trainare l’intera offerta dei Nebrodi. Insomma, la visione è chiara: trasformare un prodotto in un’esperienza. “Le produzioni, per quanto potenziabili, non potranno crescere a dismisura – conclude Calanna -. Dovranno trovare il necessario apprezzamento in canali qualificati, in grado di riconoscere loro il giusto valore. Anche per questo abbiamo scommesso su innovazione di prodotto, come il wurstel di Suino Nero con Slow Food: per parlare a nuovi pubblici senza tradire la tradizione. La scommessa è vinta solo se a vincere è l’intera comunità”.
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