Terrà

Dal contadino all’agricoltore, caso di eterogenesi dei fini

di Peppino Bivona*

Da lungo tempo lo sforzo compiuto dal contadino è stato indirizzato nel tentativo di “controllo” della natura, ovvero come difendere le sue colture dagli attacchi parassitari, dagli eventi calamitosi, dai tanti accidenti che il percorso produttivo delle sue colture è ampiamente disseminato. Finché, a un certo momento della storia della nostra agricoltura, questo controllo mutò segno: arrivarono i mercanti di sogni, scientificamente preparati ed efficacemente organizzate in solide aziende “industriali”, ottennero un controllo perfetto …dell’agricoltore. Il vecchio contadino per difendere le sue produzione, lavorava per adattare i propri campi alla logica della natura (agricoltura biologica). L’agricoltore moderno, invece, lavora per adattare i propri campi  alla logica della monocultura, alla economia di scala, alla catena alimentare industriale che vi è sottesa.

La monocultura è la forma più esasperata di semplificazione della nostra odierna agricoltura, il procedimento chiave sta nella configurazione della natura come macchina, una risposta rigida: causa- effetti, mezzi-fini. Cosi nulla in questa “folle” agricoltura è cosi confacente con i processi naturali: un campo  sterminato di piante identiche, sarà di certo molto vulnerabile a insetti, erbacce, malattie e a tutti gli imprevisti della natura. L’estrema semplificazione colturale, al limite della banalizzazione è la causa di tutti i mali che affliggono l’agricoltore moderno e paradossalmente e cinicamente, gran parte dei prodotti usati dallo stesso agricoltore  sono stati progettati per liberarlo da essi! Vale a dire che ci procuriamo il disastro in funzione del rimedio da utilizzare! Il buon senso non sembra più albergare in questa nostra moderna agricoltura.

Una volta le rotazioni agrarie, tra gli altri benefici, avevano il ruolo di “confondere“ i parassiti:  vedi il frumento prima delle patate. Oppure lasciare piante vistosamente fiorite ai margini dei campi per attirare insetti benefici che si nutrono di larve e di afidi. Oggi i campi sono perfettamente puliti, ordinati, con regolarità geometriche, molto piacevoli allo sguardo. Ma così lontani dai nostri ricordi dei campi contadini  in cui l’ordine era molto più blando e incompleto con una buona dose di disordine che penetrava ai margini. Era l’estrema complessità di questi campi, la completa diversità di specie nel tempo e nello spazio a renderli produttivi di anno in anno, senza l’ausilio di prodotti provenienti “dall’esterno “dell’azienda. Il sistema funzionava, provvedeva da se a gran parte dei bisogni. Nell’azienda contadina, buona parte dell’intelligenza e delle conoscenze specifiche necessarie alla conduzione, erano il frutto dell’esperienza e della passione di chi ci lavora.

Di chi è la testa che l’agricoltore sta usando? Di chi è la testa che sta usando l’agricoltore? (Wendell Berry)

Oggi i metodi di coltivazione convenzionali richiedono altrettanta intelligenza, ma essa non risiede più in campagna  bensì negli uffici e nei laboratori delle industrie dei pesticidi. Se la scerbatura praticata dal contadino alle sue colture impegnava manodopera  locale, oggi  questa operazione è fatta nei laboratori dagli operai che confezionano i diserbanti. Così come al momento della semina viene applicato al terreno un insetticida sistemico, che verrà assorbito dalle giovani piantine e ucciderà ogni insetto che oserà mangiarne anche una piccola porzione di foglia, poi si continua con un secondo erbicida e via via con anticrittogamici e insetticidi.

Per il contadino il suolo, lo strato superficiale del  terreno, ha la stessa  funzione della pelle per il nostro corpo, perciò lo cura, lo protegge, l’accarezza. La sua fertilità è il risultato dell’intensa attività vitale che si svolge nei diversi strati, dove la vita genera miliardi di organismi e microrganismi, incessantemente impegnati a rendere perfettamente ospitale l’habitat alle piante. Così oggi assistiamo increduli, in molti ambiti della nostra vita, a un vero e proprio sovvertimento delle ragioni che stavano alla base della classica distinzione tra il mezzo e il fine. Per uno strano esorcismo il mezzo diventa esso stesso fine, così come avviene per il denaro o in generale per la tecnica.
*Presidente Libera Università Rurale dei Saperi & dei Sapori Onlus lurss.onlus@gmail.com

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