Il marchio di tutela fa acqua, troppi prodotti taroccati. L’Europa apre i cantieri per una svolta
Gli strumenti dei marchi europei sono atti tecnocrati, strumenti utilissimi, sovvenzionati o meno, ma tecnocrati. Fatta questa premessa, analizziamo i vantaggi per i prodotti e le regioni. I marchi sono obsoleti, perché non garantiscono più nulla, infatti ormai il mondo, per esempio, è pieno di prodotti taroccati. In compenso i lacci e laccioli dell’Ue hanno contribuito a decimare le aziende, anche quelle a conduzione familiare (sopratutto) con il fatturato ad appannaggio dei gruppi commerciali che fanno grandi volumi, la forte concorrenza di Grecia, Spagna e Francia nell’accaparramento dei fondi europei. A questo punto è legittimo chiedersi: quali sono i segreti per il successo commerciale di prodotti tipici e a forte connotazione geografica? I marchi europei DOP, IGP ed STG contribuiscono al riconoscimento e alla tutela dell’origine?
Un fatto è certo, questi stessi marchi, hanno dimostrato di non essere sufficienti, da soli, a garantire il successo commerciale del patrimonio agroalimentare italiano. Alla base dei casi di successo nel settore, insistono fattori diversi quali la capacità di fare rete dei territori e lo sviluppo di strategie di branding e comunicazione solide. Cosa più grave è che alcuni prodotti più piccoli certificati, che dopo aver rincorso per anni il riconoscimento, con addebiti economici a carico del pubblico, non si sono neanche dotati di un sito internet, di una strategia di comunicazione e promozione, che per l’altro, non riescono a sostenere economicamente, a causa dei piccoli volumi di scambio. Una buona parte dei prodotti di qualità italiani in concreto, e rimasto solo il “marchio” sconosciuto a una attenta platea di consumatori globali.
Le prime 10 province per ritorno economico di Dop e Igp (mln di euro)
— Parma, con 1.135,8 euro e 12 tra Dop e Igp
— Modena, con 622,7 e 15 tra Dop e Igp
— Reggio Emilia, con 544,1 euro e 13 tra Dop e Igp
— Brescia, con 401,2 euro e 18 tra Dop e Igp
— Bolzano, con 314, 3 euro e 5 tra Dop e Igp
— Udine, con 301, 9 euro e 5 tra Dop e Igp
— Mantova, con 241,2 euro e 12 tra Dop e Igp
— Sondrio, con 236,5 euro e 9 tra Dop e Igp
— Cremona con 215,3 euro e 13 tra Dop e Igp
— Caserta, con 208, 8 euro e 6 tra Dop e Igp
In Italia la bontà è di molti prodotti, le vendite continuano a essere di pochi. Il fatturato dei 10 prodotti Dop e Igp più venduti, pari a 5,01 miliardi di euro, equivale al 79% del totale di tutti i prodotti certificati. (2020).
I primi 10 prodotti italiani Dop e Igp per fatturato (mln di euro)
Quali sono questi 10 prodotti? Che fatturato hanno generato nel 2020 in milioni di euro? Quanto pesano in percentuale sul totale? Vediamo il dettaglio:
1. Grana Padano 1.180,3 euro
2. Parmigiano Reggiano 1055,5
3. Prosciutto di Parma 666,6
4. Aceto balsamico di Modena 372
5. Mozzarella di bufala campana 344,9
6. Mortadella Bologna 316,7
7. Gorgonzola 304,5
8. Prosciutto di San Daniele 286,5
9. Pecorino Romano 275,7
10. Bresaola della Valtellina 214,8
Allora perché questa corsa alla certificazione di qualità se le ricadute dirette sul fatturato sono solo per pochi? È vero che le denominazioni permettono di tutelare il prodotto affinché non venga imitato, ma diciamo le cose come stanno, i fondi che l’Europa mette a disposizione fanno a gola a molti, anche se i vantaggi sono solo per pochi. Per far fronte alle criticità il Parlamento europeo ha adottato lo scorso 1 giugno, la posizione sulle nuove norme relative alle indicazioni geografiche dell’UE per i prodotti agricoli, con l’obiettivo di sostenere un sistema agroalimentare più competitivo, sostenibile e integrato, a beneficio delle aree rurali. Una volta che anche il Consiglio avrà adottato la sua posizione, inizieranno i negoziati con i Paesi EU per raggiungere un accordo sul testo finale della legislazione.
Tutela on line
Secondo la posizione negoziale del Parlamento Europeo, approvata, le indicazioni geografiche (IG) dovrebbero essere meglio protette online. Infatti, i domini che abusano del nome di un prodotto IG dovrebbero essere automaticamente chiusi o assegnati a un gruppo di produttori che utilizza l’IG in modo legale. A questo scopo, l’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale (EUIPO) dovrebbe sviluppare un sistema di allarme per combattere la contraffazione online delle indicazioni geografiche.
IG come ingredienti di alimenti processati
Il Parlamento chiede che le IG siano meglio protette anche nel caso di alimenti processati. Gli alimenti processati che contengono un ingrediente IG non dovrebbero poter essere denominati con il nome dell’IG, a meno che non sia consentito direttamente dai produttori di quel specifico alimento IG.
Registrazione e finanziamenti
Secondo i deputati, la registrazione delle IG dovrebbe essere più rapida. La Commissione dovrebbe impiegare al massimo cinque mesi per registrare una nuova IG. Infine, i deputati sostengono che i gruppi di produttori riconosciuti dovrebbero ottenere maggiori diritti e risorse. Dovrebbero essere incaricati di stabilire le condizioni minime per l’uso di una denominazione IG e di controllare l’utilizzo corretto delle indicazioni. I gruppi di produttori riconosciuti dovrebbero anche ricevere contributi finanziari obbligatori da tutti i produttori.
Adottando questa risoluzione, il Parlamento risponde alle aspettative dei cittadini in ambito di riduzione della standardizzazione dei prodotti e riconoscimento delle peculiarità culturali e produttive locali e regionali. Nella cultura popolare contadina i prodotti della terra erano considerati “sacri” in quanto espressioni autentici della terra, portavano inconfondibilmente impressa la traccia del “luogo” ovvero la qualità essenziale. Cosi, ad esempio, mangiare i prodotti della terra che si attraversava o si visitava era un rito quasi sacrale, perché significava arricchirsi dell’energia del luogo. Anche questa è una forma di tutela.
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