Terrà

L'intervista all'enologo Martinico
Trent’anni di vendemmie e una missione: riscoprire l’anima dei vini siciliani

di Giacomo Alberto Manzo*

Con oltre trent’anni di vendemmie alle spalle, numerose esperienze internazionali e un impegno costante verso l’innovazione e la qualità, l’enologo Salvatore Martinico ha costruito una carriera che incarna la perfetta fusione tra tradizione e modernità. Tra la sua passione per la viticoltura e la cura maniacale per ogni dettaglio della vinificazione, è riuscito a creare vini che esprimono l’anima della sua terra, la Sicilia, puntando su vitigni autoctoni e su un profondo rispetto per l’ambiente.

Come è diventato enologo?
“Diventare enologo è stato quasi inevitabile, visto che sono cresciuto in una famiglia con una profonda passione per la viticoltura. Mio nonno ha trasmesso l’amore per la vigna, e mio padre Francesco si è dedicato alla produzione di vini di qualità, creando un ambiente ideale per avvicinarmi al mondo enologico. Ho conseguito il diploma di Enotecnico nel 1992 presso l’Istituto Tecnico Agrario di Marsala “Abele Damiani” e ho poi continuato gli studi alla facoltà di agraria di Torino, laureandomi in tecnologia alimentare con specializzazione in enologia e viticoltura. Da allora, ho viaggiato molto per acquisire esperienza, arrivando a contare oltre 30 vendemmie, comprese quelle all’estero e durante il periodo scolastico. Francia, Cile e Argentina sono state tappe importanti del mio percorso, ma alla fine ho deciso di investire tutto in Sicilia, la mia terra, per produrre vini che esprimano al massimo il carattere del territorio, un valore già condiviso nella mia famiglia”.

Quali sono le sue principali responsabilità nel processo di produzione del vino?
“La mia carriera da consulente enologico è iniziata presto, permettendomi di collaborare con aziende prestigiose, siciliane e non solo. Il mio ruolo è strettamente tecnico: offro ai produttori un contributo innovativo, mantenendo però fede alla loro filosofia aziendale. La Sicilia, con la sua varietà territoriale, è una scuola enologica unica. Ho avuto l’opportunità di vinificare in zone molto diverse tra loro, per posizione, altitudine e composizione del suolo, un’esperienza inestimabile”.

L’enologo Salvatore Martinico

Come sceglie le uve per la vinificazione?
“La scelta delle uve dipende dall’obiettivo enologico che mi sono prefissato. Un buon enologo deve conoscere i limiti e le potenzialità del territorio e saper scegliere le uve migliori per ciascuna specifica condizione. La ricerca di un vigneto o di una varietà autoctona in Sicilia è per me come un ritorno alle radici. È una questione di passione, sensibilità e studio continuo”.

Quali le sfide più comuni nel suo lavoro?
“Oggi tutti nel settore vinicolo affrontiamo le sfide del cambiamento climatico. Noi enologi dobbiamo applicare le migliori innovazioni scientifiche senza dimenticare le tradizioni. A livello globale, vediamo un calo nei consumi di alcolici, con una preferenza per vini leggeri, freschi, frizzanti e spumanti. Questo richiede alle grandi aziende un continuo adattamento produttivo, mentre le piccole realtà, con le loro produzioni limitate, riescono a proporre vini autentici, capaci di incuriosire i consumatori più esigenti”.

Come bilancia tradizione e innovazione?
“Mi considero un tecnico moderno, ma profondamente legato alla tradizione. La tradizione è il valore che un territorio vitivinicolo può offrire. I grandi vini del mondo sono spesso prodotti in regioni storicamente e culturalmente riconosciute. L’innovazione, per me, è conoscenza scientifica applicata al momento giusto, per rendere i vini contemporanei senza perdere il legame con le radici”.

I suoi vini preferiti?
“Sono sempre curioso di assaggiare vini da diverse parti del mondo. Amo i bianchi prodotti in alta collina o montagna, con una spiccata acidità, come gli altoatesini e quelli dei Colli Friulani, o i vini della Mosella e i grandi chardonnay della Chablis. Tra i rossi, preferisco vini di lungo invecchiamento come quelli della Borgogna, il Barolo, il Syrah e i Cabernet di alcune zone. E, naturalmente, i vini che ho creato e realizzato personalmente hanno un posto speciale”.

Come giudica la qualità del vino?
“La qualità per me è legata a parametri fondamentali come la pulizia olfattiva e l’equilibrio gustativo. Questi aspetti mi guidano nella ricerca organolettica e nella valutazione del vino”.

Qualche consiglio a un aspirante enologo?
“Per diventare un buon enologo servono curiosità, passione e una formazione continua. Questi tre elementi sono essenziali per rimanere aggiornati e sviluppare un proprio stile enologico. Consiglio ai giovani di fare esperienza all’estero per avere una visione ampia delle diverse produzioni vinicole”.

La sua esperienza più memorabile?
“Il mio percorso professionale è costellato di momenti importanti. Le esperienze all’estero mi hanno formato e arricchito, mentre il lavoro in Sicilia mi ha confermato che la strada intrapresa era quella giusta. Ogni esperienza ha contribuito a farmi diventare ciò che sono oggi”.

*Enologo

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